Bocciata la proposta Walcher sulla tassa per i cani in Alto Adige: scontro politico, nodi economici e corsa contro il tempo per una nuova legge.
La polemica sulla gestione delle deiezioni dei cani e sulla profilazione genetica degli animali torna ad accendere il dibattito istituzionale in Alto Adige. Una questione che dura da anni, partita con l’obbligo della registrazione Dna dei cani per identificare i proprietari poco attenti, e ora arrivata a un nuovo punto morto. L’ultimo tentativo legislativo, avanzato dall’assessore provinciale Luis Walcher e presentato dal presidente del Consorzio dei Comuni Dominik Oberstaller, è stato respinto all’unanimità dai sindaci.
Il progetto, che voleva semplificare e razionalizzare il sistema dopo il flop della prima legge, è stato definito dai Comuni “senza logica” nella forma rivista. Per molti amministratori, l’esenzione prevista per chi registra il Dna rendeva l’impianto economicamente inefficace. La provincia si trova così di nuovo al punto di partenza, con una scadenza vicina: entro fine anno chi non ha registrato il proprio cane dovrà affrontare sanzioni.
Perché la legge è saltata: conti, esenzioni e un sistema che rischia di costare più di quanto incassi
La proposta Walcher prevedeva una doppia tassa: 100 euro l’anno per i cani dei residenti e 1,50 euro al giorno per i cani dei turisti. Con un’eccezione sostanziale: chi sottoponeva l’animale al test del Dna avrebbe ottenuto un’esenzione a vita. Una misura pensata per incentivare la tracciabilità, ma che secondo i sindaci avrebbe avuto un effetto opposto sul piano delle entrate.
Oberstaller è stato diretto: «Una tassa da cui, alla fine, tutti sono esentati non ha senso». Facendo due conti, chi possiede un cane potrebbe preferire pagare 70 euro per il test del Dna anziché versare ogni anno l’imposta. Un meccanismo che avrebbe scaricato sui Comuni solo costi amministrativi e nessuna reale entrata fiscale.
Il vice‑sindaco di Bolzano Stephan Konder ha definito la bozza «né carne né pesce», sottolineando che la precedente normativa era già stata applicata da quasi il 40% dei proprietari in città. Un dato che complica ulteriormente il quadro: un sistema ibrido tra sanzioni, esenzioni e nuove tasse rischia di generare confusione e duplicazioni burocratiche.
L’assessora comunale Patrizia Brillo ha criticato duramente il testo, ricordando che gli animali «non sono un bene di lusso» e che la misura colpirebbe soprattutto anziani e persone sole, per cui il cane rappresenta un supporto emotivo quotidiano. Brillo ha messo in luce anche la difficoltà pratica dei controlli: «Chi dovrebbe verificare? I vigili? Dovremmo assumere personale dedicato?». Una domanda rimasta sospesa, che evidenzia quanto la questione sia prima di tutto gestionale.
La legge originaria, pensata per colpire gli incivili e risolvere la questione delle deiezioni lasciate per strada, aveva previsto multe tra 200 e 1.000 euro per chi non registrava il proprio animale. Ma il risultato è stato distante dalle aspettative: su 30.000 cani presenti sul territorio, solo 12.000 sono stati profilati. Il resto si muove in un limbo normativo.
Cosa accade ora: scadenze, mediazioni e un compromesso ancora da trovare
A muoversi per trovare un punto di equilibrio è stato l’assessore provinciale Christian Bianchi, che ha proposto un percorso graduale. La sua idea: niente sanzioni fino al 2026, tassa solo dal 2027, e applicata esclusivamente a chi sceglierà di non effettuare il test del Dna. Una sorta di sostituzione dell’impianto punitivo con uno contributivo, pensato per preservare proporzionalità e chiarezza amministrativa.
Nonostante l’apertura, la proposta è stata bocciata. E ora? La provincia deve riscrivere tutto da zero, con un conto alla rovescia già iniziato. Senza un nuovo testo entro l’anno, la norma attuale entrerà pienamente in vigore e scatteranno le sanzioni. Una prospettiva che, secondo diversi sindaci, rischia di generare un’ondata di contestazioni, controlli difficilmente gestibili e polemiche politiche.
L’impressione, parlando con amministratori e tecnici, è che il problema — più che normativo — sia culturale. Contrastare l’inciviltà diffusa senza scaricare costi sproporzionati su chi si comporta correttamente resta la missione più complicata. E come spesso accade, tra burocrazia, esigenze di bilancio e sensibilità sociali, trovare una mediazione sembra un esercizio di equilibrio quasi impossibile.
Per ora il fascicolo resta aperto. E mentre la provincia cerca la formula magica, l’immagine di cestini pieni, marciapiedi sporchi e cittadini che si dividono tra favorevoli e contrari racconta una verità semplice: una questione nata dall’inciviltà di pochi è diventata un caso politico che coinvolge tutti.
