Una recente pronuncia della Corte di Cassazione chiarisce quando può scattare una sanzione fino a € 3.000 e la reclusione fino a 5 anni per l’uso improprio dell’Assegno Unico destinato ai figli.
Negli ultimi mesi il tema dei controlli è tornato frequente, anche nella vita quotidiana di chi si muove in auto o compila documenti fiscali. Non a caso, parlare di agenti che fermano i cittadini o verificano documenti non sorprende più nessuno, perché la parola d’ordine sembra essere rigore. Eppure, dietro una notizia che circola spesso sul web — “3.000 euro di multa e 5 anni di reclusione” — non c’è solo la strada e non c’è nemmeno la scusa “stavo andando a fare la spesa”. Il caso riguarda genitori separati e un provvedimento preciso che coinvolge l’Assegno Unico, misura oggi fondamentale per molte famiglie italiane. La Corte di Cassazione è intervenuta con una sentenza decisiva, che mette nero su bianco un principio importante per chi riceve l’aiuto statale destinato ai minori.
Cosa ha stabilito la Cassazione e perché riguarda molte famiglie
Il quadro giuridico è chiaro nella sentenza n. 24140/2023: il genitore che riceve l’Assegno Unico e lo impiega per spese personali o comunque non collegate ai figli, rischia sanzioni rilevanti e, nei casi più gravi, anche una condanna penale. La misura statale nasce per sostenere economicamente chi ha figli a carico, dai beni essenziali all’abbigliamento, fino alle attività educative. Per questo motivo, quando uno dei due genitori è affidatario o comunque riceve l’importo, l’obbligo d’uso corretto diventa un punto fermo.
La Corte ha ribadito che le somme devono essere spese nell’interesse dei figli e non per esigenze personali del genitore. In presenza di prove che dimostrino una gestione impropria del contributo, si può configurare una condotta penalmente rilevante. Il riferimento normativo ricade nel perimetro dei reati di appropriazione indebita o violazione degli obblighi familiari, con sanzioni che arrivano a € 3.000 e 5 anni di reclusione. Chi segue la cronaca giudiziaria lo sa: la tutela dei minori e delle somme destinate al loro sostegno rappresenta una delle aree più sensibili dell’ordinamento italiano.
Chi riceve l’assegno, in caso di separazione o divorzio, mantiene quindi un dovere giuridico preciso. Alcune vicende giudiziarie recenti hanno mostrato come il conflitto familiare possa coinvolgere anche questa misura, con segnalazioni e ricorsi tra ex coniugi, a dimostrazione che la gestione dei contributi destinati ai figli continua a essere un terreno delicato. Ed è proprio per evitare abusi, ma anche per tutelare il diritto dei minori, che la Cassazione ha voluto chiarire ancora una volta il confine. Se un genitore utilizza la somma per sé, il rischio non è solo una disputa civile, ma un possibile procedimento penale, e questo spiega l’attenzione crescente attorno al tema.
Controlli e contesto attuale: perché questo caso fa notizia
L’Italia, secondo i dati comunicati più volte dagli organi istituzionali, convive con un alto livello di controlli nei settori fiscali e sociali. Nel periodo post-pandemia, la frequenza di verifiche è cresciuta e l’Agenzia delle Entrate ha rafforzato gli strumenti per individuare irregolarità, mentre nelle strade gli agenti verificano documenti e autorizzazioni con maggiore continuità. In questo scenario, anche l’uso dei benefici economici pubblici diventa materia osservata con attenzione. La misura dell’Assegno Unico, introdotta per sostenere la crescita dei figli, rappresenta un presidio essenziale per tante famiglie. Proprio per questo ogni abuso genera un intervento rapido e deciso.
La vicenda ricorda come non bastino frasi generiche per giustificare la gestione delle somme. Non esiste più spazio per giustificazioni improvvisate, perché la normativa fissa una linea precisa: l’importo va impiegato esclusivamente per i minori. Chi riceve l’assegno e lo usa per shopping personale, spese private o qualunque voce che non riguarda i figli rischia conseguenze pesanti. Un principio che, secondo giuristi e operatori sociali, è destinato a rimanere centrale. Del resto, l’obiettivo del legislatore resta quello di indirizzare le risorse verso chi ne ha davvero bisogno, un obiettivo che passa anche dalla responsabilità individuale di chi beneficia della misura.
 